LEIFUS CARLSONIO

BIOGRAFIA (NON AUTORIZZATA)

PRIMA PUNTATA

Tanti ma tanti tanti anni fa, per la precisione 2.000 o poco più, viveva a nord di Roma (molto a nord, nello specifico in una provincia imperiale chiamata Skanniggium, Svezia) un giovanotto squattrinato di nome Leifus Carlsonio. Poco si sa di lui se non che era innamorato di Michaellas, una dolce e biondissima donzella conosciuta per caso su Piccioner, una chat di piccioni viaggiatori molto in voga all’epoca (sembra strano ma Internet non è sempre esistito). I due si innamorarono e avrebbero voluto sposarsi…
No, aspettate, questa storia non è già finita. Fatemi raccontare.
C’erano un paio di piccoli problemi: prima di tutto, Michaellas era la figlia primogenita dell’imperatore Tizius Caius, quindi erede diretta al trono;  in seconda battuta, ma non per caso, come se non bastasse, su di lei aveva messo gli occhi anche Brachio Fortis, un nobile molto ricco e senza scrupoli a cui, per inciso, della bella puella non gliene fregava un ficus. Essendo senza scrupoli, infatti, a lui interessava solo sedersi sul trono e comandare l’impero.
Un bel giorno di primavera, Leifus Carlsonio si fece coraggio e andò dall’Imperatore.
“Innamoratus sum filiae vostrae” Disse col cuore in mano.
L’imperatore scoppiò a ridere. E a ridere scoppiò anche Brachio Fortis che, guarda caso, era lì per la stessa ragione: chiedere la mano di Michaellas.
Non starò qui a raccontare tutti i dettagli della faccenda. Vi basti sapere che molti secoli dopo un tale di nome Shakespeare baserà più di una sua opera sulle cronache lasciate in eredità dagli scrivani imperiali testimoni dell’evento. In poche parole: Michaellas, che era presente, pubblicamente e con molto ardimento, tra lo stupore generale, contraccambiò la dichiarazione dell’amato. Tizius Caius per poco non ebbe un mancamento ma intimò comunque alla figlia di ritirarsi seduta stante nei suoi alloggiamenti, senza cena e negandole l’uso di Piccioner per un saeculo; sospinta da una scorta armata, Michaellas si ritirò strillando i suoi sentimenti a gran voce, circondata dalla solidarietà delle sue fedeli ancillæ; Brachio Fortis, punto nel vivo, si alzò in piedi e con nobile indignazione, avvolgendosi al contempo con teatrale maestosità nel suo mantello rosso, inequivocabile simbolo di nobiltà, esclamò che un semplice plebeo MAI avrebbe potuto sposare la figlia dell’Imperatore… e che storia era questa, pro Bacchus?!
Tizius Caius, ripresosi dal dramma, rifletté a lungo: la felicità dell’amata figlia o la stabilità politica dell’impero? Hoc eras  quaestionem… Alla fine, da Imperatore sportivo qual era, venne folgorato da un’idea.
“Darò la mano di mia figlia…” disse facendo trattenere il fiato a tutti i presenti e dando modo ai tamburi di rullare per un po’, “…a colui che vincerà una gara di birota!”
La birota altro non era che un mezzo di trasporto composto dalla ruota di legno di un carro nel cui centro erano montati dei pedali. Tale ruota era unita ad una seconda ruota posteriore (identica ma senza pedali) da una semplice asse di legno sulla quale si sedeva il birotista (modelli più costosi erano dotati di comoda sella di cuoio o cuscini di paglia). Un vero e proprio manubrio non esisteva, per cui per girare la ruota si usava un complesso sistema di briglie e pulegge. I campioni in sella ai modelli più evoluti riuscivano a raggiungere velocità impensate, addirittura nelle gare in anfiteatri indoor superavano le 5 leghe all’ora (circa 11 km/h).
Ora, dovete sapere che il birotismo era uno sport che stava cominciando a riscuotere un certo successo, all’epoca. Campioni del calibro di Bartalus, Coppinus e Magnificus facevano registrare ogni volta il tutto esaurito al Colosseo. Ma Tizius Caius aveva in mente ben altro che una semplice corsetta intorno al Colosseo… In quattro e quattr’otto, dietro sue precise disposizioni, venne organizzata la prima edizione del Girum Peninsulae, la prima gara a tappe che lo sport ricordi.
 “Ognuno di voi dovrà formare una squadra di 9 elementi” sentenziò Tizius Caius rivolgendosi agli allibiti pretendenti e consegnando loro un sacchetto a testa di monete, “spendendo non più di MDLI sesterzi. Chi non rispetterà il fair play finanziario verrà squalificato!”
MDLI sesterzi non erano pochi ma neanche tanti. Andavano insomma gestiti bene.
Brachio Fortis sogghignò: era ricco e poteva spendere ben più di quel che era stato pattuito.
Fondò la US DPNG Team, ingaggiò otto mercenari (tra cui: Landix dalla Gallia, Leipheimerib da Babilonia), li pagò non troppo perché da buon ricco era anche tirchio e perché spese un salasso nella farmacia di un guru iberico di dubbia fama per comprare 200 botti di Rubeum Bovem, una bevanda con le bollicine che metteva le ali, altamente vietata nel 32 a.c. Infine equipaggiò la sua squadra con birote in canna di bambù ultra leggere, ruote ad alto profilo in ebano, briglie in finissima corda di Damasco e pedali di ultima generazione in resina di pino maremmano.
Leifus Carlsonio, da par suo, si circondò di amici e fondò l’ASD Florentia in Birota. Divise con loro in parti uguali tutti i MDLI sesterzi e strinse un patto di eterna amicizia, non nascondendo le difficoltà ma promettendo riconoscenza sempiterna.
Alle prime luci dell’alba del  I maggio 32 a.c., alla presenza di tutte le autorità locali, dell’imperatore e di una innamoratissima Michaellas, partì da Palazzus Madamae la prima edizione del Girum Pensinsulae.
I gregari di Brachio Fortis, imbottiti di Rubeum Bovem e spronati a suon di vergate, presero  in mano le redini della corsa fin dal primo metro, imponendo il folle ritmo di 4,9 leghe/h. Quando le ombre del giorno cominciarono ad allungarsi, il gruppo compatto arrivò a Frosinonium. A Neapolis, in piena notte, la Florentia in Birota cominciò ad accusare i primi segni di stanchezza. La DPNG Team ne approfittò per aumentare l’andatura a 5,26 leghe/h e a Salernum, sede del primo finale di tappa, dopo 169 leghe e più di un giorno e 1/2 di corsa, l’ASD FiB fece registrare un distacco di una clessidra e 36 granelli di sabbia.
Brachio Fortis si presentò in sala stampa sicuro del fatto suo e fresco come una rosa, dato che aveva ciucciato ruote tutto il giorno (nonché Rubeum Bovem direttamente dalla botte). Qualche giornalista un po’ sospettoso gli chiese che cosa se ne facesse di tutte quelle botti al seguito e lui, rimanendo sul vago, disse che gli servivano per curare un male che lo affliggeva da tempo: il mal di pancia. Messaggeri imperiali corsero a Roma carichi di rotoli di pergamena delle più autorevoli firme al seguito della corsa (una su tutte, Aurum Bulbarellum) affinché i principali quotidiani, e in primis il Gazzettinium Sportivae, potessero il giorno seguente pubblicare a caratteri cubitali titoli tipo: BRACHIO FORTIS MAGISTER PENINSULAE.
Nei giorni a seguire la situazione non cambiò: Brachio Fortis non risparmiò né vergate né Rubeum Bovem mentre Leifus Carlsonio e i suoi ci davano inutilmente dentro per contenere il distacco: a Reggium Calabreae lo svantaggio fu di 8 clessidre nette, nella crono dell’Isolam Siculae  si arrivò a 11 clessidre e qualcosa,  a Barium Pugliae si raggiunsero le 12 clessidre e un pezzetto, a Picenum 16 clessidre e un tantino così.
Era ormai novembre e la situazione sembrava compromessa. Il distacco era enorme e il dramma era perfettamente leggibile negli occhi di uno sconsolato Leifus Carlsonio…

(PERSEVERAT PROXIMA SEPTIMANA)

RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE
Per ottenere la mano dell’amata Michaellas, Leifus Carlsonio non ha altra scelta che vincere il Giro Peninsulae contro il ricco e disonesto Brachio Fortis e la sua US DPNG Team. La situazione per il nostro eroe presto si mette male…

SECONDA PUNTATA

Tutto era perso? In apparenza, sì. Ma fu a questo punto che, più o meno simultaneamente, accaddero due cose.
La prima. L’ASD Florentia in Birota, composta da elementi di assoluto valore umano e ineguagliabile spessore atletico, si compattò intorno all’amico. Secondo eminenti studiosi di storia e filosofia, il leggendario Spirito di Gruppo nacque proprio in quell’occasione. Come? Semplice: bastò che ognuno di loro seguisse le proprie inclinazioni naturali, niente di più e niente di meno. Durazio, per esempio, con un discorso sull’amore e il senso della vita lungo una clessidra e tre quarti esortò a non mollare, e sguardi di tigre affiorarono nei volti di chi lo ascoltò; il generoso Nigius tirò senza sosta per 371 leghe di fila e dimezzò il distacco dalla US DPNG Team; il saggio Meattinibus governò la squadra nei momenti difficili; il prode Chiuro scattò più volte quando le strade cominciarono ad inerpicarsi verso il cielo; la temeraria Milnerus, viceversa, guidò a rotta di collo (ma con molta autorevolezza) il gruppo nelle lunghe discese tortuose, dissestate e a strapiombo sul vuoto siderale; il sempre- pronto Martinio azzeccò ogni volta il settaggio migliore per le birote; i valorosi Grifonio e Cellinus non si allontanarono mai da Leifus, proteggendolo dai tifosi scatenati che rischiarono più volte di disarcionarlo per un autographum.
Il secondo imprevisto fu lo scarseggiare di Rubeum Bovem e il conseguente malumore all’interno dell’US DPNG Team. La pozione che metteva le alæ cominciò infatti ad essere razionata, la fatica cominciò a farsi sentire e le gambe non giravano più come prima; in più Landix contattò un sindacalista per sapere se le vergate erano previste dal contratto o gratuite, nel qual caso aveva una mezza idea di assumere un avvocato per intentare una causa per MMCMXC,IX sesterzi.
Arrivarono le grandi montagne. Era dicembre e sullo Stelvio era piuttosto freddino: le tuniche in cotone si rivelarono presto un abbigliamento inadatto e lunghe stalattiti si allungarono dalle narici dei birotisti. Affondando nella neve fino al petto, si pedalava lentamente e con estrema fatica a 0,6 leghe/h.
Brachio Fortis continuò a spremere sangue dalla sua squadra col risultato che 2 gregari disertarono per arruolarsi nella Legione Straniera e altri 2 persero le rotæ del gruppo, esausti: vennero abbandonati al loro destino e nessuno seppe più niente di loro, neanche dopo il disgelo. Landix si fece portavoce di una richiesta di aumento di stipendio per le vergate non previste, gli venne negato e il malumore cominciò a serpeggiare tra i superstiti.
Da par suo, l’ASD FiB limitava con coraggio e determinazione lo svantaggio in 7 clessidre e quattro quinti. Il gruppo era unito e, seguendo le sagge indicazioni di Meattinibus, procedeva nei solchi lasciati dalla US DPNG Team, col duplice apprezzabile risultato di dimezzare la fatica e contenere il ritardo. Momenti difficili, inutile nasconderlo, non mancarono… Presso Bormium, ad esempio, vennero assaliti dai temutissimi Brigantibus Pro Liberatione Septentrionis, ma per fortuna Grifonio e Cellinus (che avevano, in precedenza, seguito un corso per corrispondenza di Pugna graeca/ romanae del Magister Brutus Lee) in IV + IV= VIII debellarono la minaccia…; purtroppo, però, gli ‘uhatààà’ e gli ‘yehààà’ (indispensabili per la buona riuscita delle mosse più importanti) causarono una valanga che rese inagibile il passum Gavie, costringendo gli intrepidi pedalatori ad una piccola deviazione di 300 leghe che li portò a passare da San Gallus e poi da Vaduz…; sul Murum Sormanorum dovettero affrontare le fameliche pretese di un branco di scheletrici lupi grigi: Durazio si fece portavoce del gruppo e asserì molto sbrigativamente che in questo momento l’ASD Fib non aveva tempo da perdere in quisquilie di questo genere in quanto la squadra al gran completo si stava giusto trovando a dover prendere non una ma ben DUE decisioni fondamentali per il futuro (i colori sociali per la tunica ufficiale XXXII- XXXI a.c. e dove posizionare il logo, se sul cuore o in mezzo al petto, e magari, perché no, anche sul mantello), quindi se per cortesia potevano levarsi dai tre passi, grazie; uno yeti si invaghì di Milnerus e cercò con insistenza di fare breccia nel suo cuore, offrendole mazzi di taraxacum officinale e una caverna completa di ogni comfort sul cocuzzolo più esclusivo (e inaccessibile) del Montem Candidus: acqua corrente (gelida), aria condizionata (perenne), un letto ergonomico (su solida pietra), et cetera et cetera, ma Milnerus declinò l’offerta con decisione e lo straziante ululato dello yeti li accompagnò per parecchi giorni (e notti)…; in cima alla Marmolada Leifus Carlsonio scoprì con angoscia che Piccioner non funzionava, non ebbe notizie di Michaellas per una luna intera e quasi cadde in depressione…
Ci vollero 3 mesi per attraversare le Alpi. Ai primi di marzo, stremati ma compatti,  Leifus Carlsonio e i suoi amici arrivarono a Genuam. Il traguardo era ad appena 220 leghe e, nonostante tutto, il distacco dal Team di Brachio Fortis si aggirava ancora intorno alle 9 clessidre e quasi mezza.
Nel frattempo a Brachio Fortis era rimasta una sola botte di Rubeum Bovem e decise di utilizzarla già a Rapallum. Fece ingozzare i suoi 4 gregari superstiti col risultato che due andarono in overdose e vennero ricoverati nel locale hospitium, mentre Landix e Leipheimerib nitrirono vigorosamente, sbuffarono un paio di volte, e partirono a spron battuto, impennando. L’effetto della bevanda sortì risultati assai più che apprezzabili: a Segesta Tigulliorum il vantaggio crebbe a 10 clessidre e 16/17, a Speziam salì di tre clessidre tonde, a Cararam i giudici distratti non cronometrarono il tempo, a Fortitudinis Marmorae non bastarono le clessidre. Sembrava un trionfo certo e annunciato: i messaggeri del Gazzettinium Sportivae corsero con solerzia a Roma per annunciare l’ingresso trionfale di Brachio Fortis ed Aurum Bulbarellum decise che non valeva più la pena stare al seguito della corsa.
Alle porte di Pisae, però, gli effetti del Rubeum Bovem si esaurirono all’improvviso: Leipeimerib cominciò a manifestare i primi sintomi di astinenza tremando vistosamente e venne così, senza tanti complimenti, abbandonato sul ciglio della strada. Un oscuro mercante che si trovava lì per caso lo raccolse e, nonostante le vive proteste dell’atleta, lo vendette come schiavo in una miniera di sale in Uzbekistan. Anche Landix dette chiari segni di cedimento ma strinse i denti per non fare la fine del collega. Almeno per un po’. All’ennesima vergata, infatti, sbottò: “E mo’ basta, ahò!”, si sedette a gambe incrociate in mezzo alla strada (primo caso di sciopero della storia) e mandò un SMS tramite piccione viaggiatore al suo avvocato per dargli mandato di procedere contro i soprusi di Brachio Fortis. Data la lentezza della burocrazia romana, la causa tutt’oggi è ancora in corso.
A non specificate clessidre di distanza (ormai nessun giudice si dava più la pena di calcolare il distacco), l’ASD FiB si mise in formazione su due file e, con cambi regolari, cominciò a spingere sui pedali alla media di 5 leghe/h e ¼ (quasi 11,5 km/h). Il generoso Nigius pestò così forte che molti tifosi lo scambiarono per Fabius Cancellaram, Durazio esaltò i compagni con una seconda esortazione sull’amicizia e l’amore (con tale scusa saltò tre cambi), il prode Chiuro dettò i tempi in salita, la temeraria Milnerus prese in mano la situazione nei punti più tecnici per tracciare le migliori traiettorie, i coraggiosi Grifonio e Cellinus andarono così forte che ruppero i pedali, per fortuna che c’era il sempre- pronto Martinio con la sua officina portatile che aggiustava tutto al volo, il saggio Meattinibus, infine, dettò il ritmo generale a suon di ‘op op op’. Leifus Carlsonio, per ovvie ragioni, non stava nella pelle: tirava per leghe e leghe, sfiancandosi, ma con l’ostinazione e l’ardimento di chi ha un obiettivo e per raggiungerlo è disposto a tutto.
In vetta a Volterram, Meattinibus indicò col dito verso sud e gridò: “Vigilate in fondo valli!” e tutti seguirono la direzione indicata. A non più di sette clessidre, in mezzo al verde della campagna, era possibile scorgere un birotista ritto sui pedali. Ma quello, naturalmente, non era un birotista qualunque, uno di quelli che la domenica intasano le strade e stressano i guidatori di carri, questo era un birotista col mantello rosso, simbolo inequivocabile di nobiltà.
Preso dall’entusiasmo, Leifus Carlsonio si scapicollò giù per discesa con tutta l’ASD FiB che cercava di tenere la sua scia.
Pestò così forte sui pedali che solo a Grossetum si rese conto di aver fatto il vuoto.
Si guardò indietro: nessuno. Si guardò di qua e di là: nessuno.
Doveva prendere una decisione e la prese: si mise in posizione aerodinamica sulla sua birota e proseguì l’inseguimento da solo.

(PERSEVERAT PROXIMA SEPTIMANA)

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI
Per ottenere la mano dell’amata Michaellas, Leifus Carlsonio non ha altra scelta che vincere il Girum Peninsulae contro il ricco e disonesto Brachio Fortis e la sua US DPNG Team. Superate mille difficoltà Leifus Carlsonio rimane solo all’inseguimento del rivale…

TERZA PUNTATA

Brachio Fortis se la rideva della grossa; se con le mani non avesse dovuto stringere briglie e pulegge si sarebbe anche sorretto la pancia. Ormai la vittoria era sua, non aveva dubbi. Certo, la US DPNG Team si era sgretolata come argilla al sole, lui era rimasto completamente solo e il Rubeum Bovem era finito, ma gli ultimi rilevamenti clessidrometrici lo rassicurarono: Michaellas avrebbe dovuto sposarlo e presto l’Impero Romano sarebbe stato suo.
E giù a ridere senza ritegno.
A distanza di molte leghe, però, Leifus Carlsonio non si scoraggiò: trasformò la disperazione in rabbia e la rabbia in energia supplementare. Pestò con sempre maggior forza sui pedali riducendo lo svantaggio sensibilmente, pedes dopo pedes. Anche a distanza di molte leghe sapeva sempre dove era situato il suo rivale, perché udiva l’eco della sua sonora risata, flebile ma sempre più vicina, e perché dai boschi scorgeva stormi di uccelli alzarsi in volo, spaventati.
Pedalò di giorno e di notte, senza sosta, senza mangiare, bevendo appena, pedalò stringendo i denti e dormendo in equilibrio precario pochi minuti per volta, pedalò e pedalò e pedalò finché, il XXI aprilium, nei pressi di Veterbum, appena le prime stelle furono visibili nel cielo sereno, vide ricompensati i suoi sforzi: la risata fu così vicina che, se avesse voluto, avrebbe potuto  prendere Brachio Fortis per il mantello. Allora, l’ilarità tonante cessò all’improvviso e il silenzio fu così profondo che sembrò una voragine cosmica.
Lessero ambizioni e stati d’animo diversi, l’uno nello sguardo dell’altro e le scintille che  scaturirono da quel confronto illuminarono a giorno il mantello di Selene. L’irritazione guizzò negli occhi di Brachio Fortis con la stessa violenta determinazione con cui uno squalo punta la sua preda negli abissi marini, la rabbia incendiò la sua visione delle cose e una certa punta di arrogante insofferenza lo portò ad esclamare: “Proprius tu, Leifus, hostem mi?!”
Dal canto suo, Leifus Carlsonio non parlò. Una determinazione sconosciuta, fredda e affilata come la lama di un rasoio, affiorò ai suoi occhi direttamente dalle profondità insondabili dell’anima, mentre allo stesso tempo germogli di consapevolezza e speranza si schiusero nel suo cuore e misero radici profonde.
Superarono una colonna miliare in pietra grezza alta 4 metri indicante LX LEGHE AL TRAGUARDO, quando Brachio Fortis fece scivolare una mano sotto le pieghe della tunica, sogghignò e la ritrasse stringendo in essa una piccola ampolla: erano le ultime gocce di Rubeum Bovem, tenute di scorta per casi eccezionali come quello. Brachio Fortis bevve, si asciugò la bocca col dorso della mano, ruttò senza ritegno, fece girare vorticosamente le gambe e alzò una tempesta di polvere tutto intorno a sé.
Ma Leifus Carlsonio, in quel momento, non era un uomo. O non soltanto quello, almeno. Baciato da tutti gli déi e sospinto da una forza gigantesca che si chiama Amore, si elevò a potenza e in quel momento era lui stesso un dio: la distruzione di Marte e Minerva, la furia di Vulcano e Nettuno, la maestosità di Giove, la ferocia di Saturno, la velocità di Mercurio, la bramosia di Cupido, l’astuzia di Diana, tutto questo e molto altro converse in lui in un’energia stellare che pochi esseri umani possono dire di aver mai provato.
Indescrivibile fu l’incredulità di Brachio Fortis quando Leifus Carlsonio emerse dal polverone e lo affiancò di nuovo. E incredibile fu la rabbia che il superstite della US DPNG Team riversò sui pedali, rabbia che si manifestò in un’epica, feroce e inarrestabile progressione. La velocità crebbe a 6,2 leghe orarie e Leifus Carlsonio era a ruota, passò a 6,9 e Leifus Carlsonio non mollò, arrivò a 7,4 e Leifus Carlsonio tenne la scia, sfondò gli 8 e Leifus Carlsonio non dette segni di cedimento, sfiorò gli 8,5 e Leifus Carlsonio era sempre dietro… Si lasciarono alle spalle un villaggio dopo l’altro, una pietra miliare dopo l’altra, i giorni e le notti, i soli e le lune, le colline e i boschi, si lasciarono alle spalle le loro ombre e le gocce di sudore, il mantello e i capelli mossi dal vento, la polvere e la fatica, la terra e gli stenti, per correre incontro al proprio destino incerto.
A Sutrium, circa XXVI,III leghe dal traguardo, un messo del Gazzettinium Sportivae, che per caso si trovava ancora lungo la strada, li vide arrivare da lontano: fece appena in tempo ad incidere un messaggio con lo scalpello sul suo tablet d’argilla e ad inviarlo per piccione viaggiatore in redazione prima di essere inghiottito dalla polvere ed essere travolto dai due contendenti. Il messo per fortuna sopravvisse e riuscì in qualche modo a trascinarsi sui gomiti all’hospitium più vicino mentre il piccione adempì con estrema fatica al compito assegnatoli, svolazzando maldestramente su e giù, di qua e di là, con un peso di11 libbre (5 kg circa) legato ad una zampa.
Aurum Bulbarellum si destò così dal torpore e scrisse colonne immortali sul papiro del Gazzettinum Sportivae. Purtroppo, tutti questi papiri, conservati in seguito nella biblioteca di Alessandria, non sono arrivati fino ai giorni nostri poiché andarono distrutti nel famoso incendio del 642 d.c.
Alla pietra miliare indicante le XV leghe al traguardo, più o meno in prossimità di Formellum, mentre a Roma i bagarini facevano affari d'oro vendendo a prezzi esorbitanti i biglietti per i posti migliori al Coliseum, successe quel che non doveva succedere, e successe in un attimo: uno dei massicci raggi della rota posteriore della birota di Leifus Carlsonio cedette e, sottolineato dall’inequivocabile rumore del legno che si spezza, la rota si spaccò in due.
“NOOOOOOOOOO!” Urlò Leifus Carlsonio e il suo urlo si fuse con la nuova, grassa, risata di Brachio Fortis. Il nostro eroe imprecò in babilonese e in assiro, poi si ricordò di conoscere persino il sumero e non risparmiò qualche epiteto anche in quella lingua, ma non servì a niente. I suoi sogni si frantumarono nello stesso modo in cui si frantuma un vetro al colpo di un martello da guerra: frammenti volarono da tutte le parti, riflessi di Michaellas si sbriciolarono e caddero al suolo, tintinnando.
Si sedette su un ceppo, si prese la testa tra le mani e aspettò di diventare vecchio, per morire solo e disperato.
Il delirio è una estrema forma di speranza e il più delle volte la speranza è un sogno fatto da svegli. Per questo, quando, all’appropinquarsi di una nuvola di polvere, vide le fronde degli alberi agitarsi in una strana e inquieta danza tribale africana, pensò trattarsi di un’allucinazione…

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI
Per ottenere la mano dell’amata Michaellas, Leifus Carlsonio non ha altra scelta che vincere il Giro Peninsulae contro il ricco e disonesto Brachio Fortis e la sua US DPNG Team. A poche leghe dal traguardo, però, a Leifus Carlsonio si rompe una rota e tutto si complica…

QUARTA PUNTATA

L’allucinazione aveva le forme e le voci dell’ASD Florentia in Birota…
Leifus Carlsonio si destò dal torpore e una piccola fiammella di speranza riscaldò il suo cuore.
Possibile che…?
Ma certo che era possibile, d'altronde perché sorprendersi di un fatto tanto logico: come un pesco fiorisce in primavera perché è nella sua natura fare così, allo stesso modo l’ASD FiB mai e poi mai lascia in balìa di se stesso un compagno di squadra in difficoltà. Dovete sapere che, in fondo alla discesa di Volterram, perse le tracce dell’amico, trascorso un primo attimo di incertezza generale, Durazio si rimboccò le maniche, alzò l’indice verso il cielo e pronunciò la III orazione sull’amicizia e il senso della vita di questa avventura (pare che Cicerone si sia ispirato molto a queste parole per scrivere la sua opera più celebre, il De Amicitia). Conquistati dalle parole di Durazio, Nigius e compagni si misero di buona lena sulle tracce dell’amico…
Così, a Formellus, il gruppo non aveva ancora arrestato la sua corsa che Martinio a grandi balzi sbucò dal polverone con due Magna Celeritas in mano, le nuove rivoluzionarie rote ad alto profilo della Fulcrus, in pura noce assira, ultra leggere (solo 9 libbre l’una, circa 4 kg), ultra resistenti, ultra flessibili, ultra performanti, ultra tutto, e completò la sostituzione in 47 granelli di sabbia netta, nuovo record del mondo- del mondo conosciuto, almeno.
In perfetta formazione da combattimento, l’ASD FiB si lanciò all’inseguimento di Brachio Fortis alla spaventosa velocità di 9,88 leghe/h (si dice che in alcuni tratti di discesa Milnerus abbia raggiunto anche le 18 leghe, ma non essendoci riscontri clessidrometrici ufficiali tutto ciò rimane una leggenda). Il distacco da recuperare era impegnativo e le leghe che mancavano al traguardo sempre meno: XIV, XIII, XII, XI, X, IX…
Il VII maggium XXXI a.c., alle prime luci dell’alba, dopo MMDXIX leghe, a un anno e sei giorni dalla partenza, raggiunsero  la Magna Cincta Annularis ed entrarono in Roma. Una folla in delirio li accolse gioiosa e festante.
Alla colonna miliare che segnalava le ultime V leghe, il ritardo da Brachio Fortis era 1/4 di clessidra.
A IV leghe dal traguardo lo scorsero in lontananza, un mantello rosso svolazzante.
A III leghe era lì, poco più avanti, tutto curvo sui pedali.
A II leghe gli organizzatori cominciarono a fare fatica ad aprire in due ali la folla festante accalcata sulla via e dovettero usare un paio di leoni affamati come battistrada.
Ad una lega dal traguardo ormai l’ASD FiB era in scia all’unico superstite della US DPNG Team. Praticamente entrarono nel Coliseum soffiandogli sul collo. Il boato fu assordante, e da questo qualcuno intuì che il birotismo su strada avrebbe avuto un futuro.
Leifus Carlsonio alzò lo sguardo e la vide: in tribuna Vip, seduta accanto all’Imperatore Tizius Caius, c’era lei, Michaellas: i loro sguardi si incrociarono per un secondo e i cuori palpitarono incontrollati.
Un unico giro completo di pista, appena un quarto di lega, era rimasto per decidere chi avrebbe vinto il primo Girum Peninsulae della storia e, soprattutto, per decidere chi avrebbe sposato Michaellas.
Brachio Fortis aveva ancora un esiguo margine di vantaggio di 30 cubitus (circa 14 metri):  l’ASD FiB si preparò per lanciare la volata e pedalò così forte che si manifestò qualche piccolo problema… Nigius e Cellinus, ad esempio, persero letteralmente la ruota posteriore: Nigius neanche se ne accorse e proseguì arando la sabbia dell’arena, Cellinus invece pedalò in equilibrio sulla ruota anteriore; a Durazio andò persino peggio: ruppe i pedali e perse entrambe le rote ma non si scoraggiò e proseguì cavalcando la sua birota come Harry Potter molti secoli dopo cavalcherà la sua Nimbus 2000, con la differenza che Durazio se la fece correndo anziché volando (in compenso, anche se col fiatone, non si fece mancare la IV orazione sull’amore e l’amicizia, e Cicerone era proprio lì, in tribuna, a prendere appunti); Milnerus prese a così gran velocità la parabolica della curva Sud che volò via e atterrò, incolume, su un carro pieno di fieno,  oltre il Coliseum: colta da una trance agonistica non indifferente, rientrò in pista e guidò i suoi compagni anche lungo la parabolica delle  curva Nord, fin sul rettilineo finale; Chiuro riuscì a incendiare le sue Fulcrus Magna Celeritas: proseguì in una scia di scintille e fuoco che neanche la cometa di Halley…
A 200 cubitus dal traguardo (90 metri), Martinio, Meattinibus e Grifonio portarono infine Leifus Carlsonio in scia a Brachio Fortis, completando l’entusiasmante rimonta.
Da par suo Brachio Fortis ciucciò disperatamente dall’ampolla quel che rimaneva del Rubeum Bovem, andando avidamente a cercare con la lingua le ultime gocce in fondo al recipiente, quindi scaricò tutta la nuova energia sui pedali. Lo sforzo profuso si manifestò con un lungo ululato che lacerò gravemente le sue corde vocali e con l’affiorare sul volto e sul collo di una indescrivibile ragnatela di vene.
Sospinti dal boato del pubblico, alla folle velocità di 9,3 leghe/h, i due rivali furono pronti a giocarsi il tutto per tutto.
A 100 cubitus, Brachio Fortis accelerò e sfondò il muro delle 10 leghe/h. A 75 cubitus si alzò sui pedali e accelerò ulteriormente, il volto devastato dallo sforzo.
I testimoni dell’avvenimento (il pubblico, i compagni di squadra, i giudici) trattennero il fiato.
Leifus Carlsonio prese la scia. Attese il momento giusto. Infine, scelse una traiettoria, affiancò il rivale e attaccò, urlando a pieni polmoni il nome dell’amata.
Lo sprint era lanciato.
O l’altare o la polvere…

Bisognò attendere il responso del fotofinish. E ci vollero tre settimane: il tempo necessario per far arrivare da Cararam un gigantesco blocco di marmo e aspettare che un rinomato artista dell’epoca, tale Michelangelum, appositamente ingaggiato per l’occasione, gli desse forma. (In seguito, il monumento dominerà il salone principale della reggia imperiale almeno fino 455 d.c., poi andrà perso durante un trasloco; un giorno, nel bel mezzo di uno scavo, qualche archeologo lo ritroverà e gli renderà il prestigio che merita cedendolo al Louvre, o diventerà ricco vendendolo al mercato nero a qualche collezionista russo, chissà).
Non c’è molto altro da dire se non che Leifus Carlsonio e Michaellas si sposarono in un caldo giorno di agostum. O era September? Forse era luglium… Vabbé, non è poi così importante. E’ importante invece il fatto che Leifus Carlsonio ricompensò adeguatamente i suoi amici e tutti vissero felici e contenti.
Ok, non proprio tutti. Brachio Fortis, incalzato dalle domande di un presentatore molto in voga all’epoca, un certo Opram, durante un seguitissimo forum pubblico, confessò, tra le lacrime e con un filo esilissimo di voce (le corde vocali erano lesionate per sempre), la sua disonestà. Come se non bastasse, l’avvocato di Landix lo citò in tribunale e Tizius Caius lo radiò dall’albo dei birotisti per non aver rispettato il fair play finanziario. Insomma, ebbe le sue belle gatte da pelare.

Direi che è davvero tutto. Questa è stata la storia di un giovane birotista e della sua amata e per questo è giusto chiudere qui, altrimenti diventerebbe la storia di un erede al trono e della sua consorte. Un giorno, certo, tra dieci o vent’anni, potrebbe valere la pena sbirciare tra le pieghe degli eventi e vedere come vanno le cose, ma quella sarà un’altra storia e forse la racconterà qualcun altro.

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