Luke Duraz Zing

BIOGRAFIA NON AUTORIZZATA

Luke Duraz Zing durante una sua giornata tipo


Un qualunque afosissimo giorno estivo in un posto a caso (ma non troppo): catrame liquefatto, gente che collassa, aria condizionata a palla chi può, gli altri con i  gomiti ad abbrustolire sul finestrino abbassato, camicie fradice di sudore, lunghi sospiri, voglia di essere altrove. Il semaforo è rosso: serpentoni di auto si snodano per chilometri tra le vie della città, esalando gas pestiferi e talvolta letali. Ci si trascina sotto al sole, si cerca di arrivare a destinazione, ovunque essa sia, di sopravvivere in qualche modo. Tutto scorre lentamente, soffocato dalla cappa di caldo e di smog, tutto sembra normale.
Quasi tutto.
Perché all’improvviso qualcosa rompe la monotonia di quella giornata.
Luke Duraz Zing si inerpica in equilibrio sul sellino della sua bicicletta e come un consumato avvocato durante l’arringa finale, dall’alto della sua precaria posizione, esclama: “I have a dream! That one day…”
“Ma i’ che tu dici?!” Lo interrompe subito un motociclista a cavallo della sua Honda, grattandosi la testa.
Luke Duraz Zing per poco non perde l’equilibrio ma lo recupera con un abile colpo d’anca.  “…that one day, I said, on the streets of this town…”
“Ma i che dice ‘sto qua, oh?” Interviene di nuovo il motociclista, sempre grattandosi la testa.
Allora Luke Duraz Zing si accorge finalmente di aver parlato in inglese. Si schiarisce la voce, alza di nuovo l’indice al cielo, sta per ricominciare da capo ma… non ce la fa, la curiosità prende il sopravvento.
“Scusa” Chiede al motociclista “che senso ha grattarsi la testa attraverso un casco integrale?”
Il motociclista si tira su la visiera e lo scruta con l’espressione tipica di chi davvero non crede a quel che ha sentito. Infine, con estrema calma, scandendo bene le parole, risponde: “Perché te te togli gli slippe pe’ grattatti le chiappe?!”
“Ehbbè, in effetti…”
“Eh, dà retta, nanni”
Luke Duraz Zing inspira tutta l’aria calda e pestifera che riesce a contenere nei polmoni e ricomincia: “Ho un sogno!”
“Quale?” Chiede una signora molto grassa sporgendosi dal finestrino di una 600. Tenta vanamente di tamponare il sudore della fronte con un fazzoletto.
Luke Duraz Zing allarga le braccia. “Eh, adesso ci arrivo…”
“Cara, suvvia, non interrompere il signore” Si intromette l’esile figura del marito che si siede sul sedile accanto.
“Oh Ludovico, ho fatto solo una domanda”
“Non facciamoci sempre riconoscere”
“Cosa stai cercando di dire?”
“Ma niente, solo che forse…”
“Stai dicendo che sono GRASSA? Mi faccio riconoscere perché sono… sono… cosììì?”
“Ma no… Ti… ehm… ti amo per… uh… come sei”
“Ti vergogni di me?!”
“Nooooo
“Sono grassa perché uso uno shampoo su cui c’è scritto ‘per dare corpo e volume’, sai? Ma non lo userò mai più, quello shampaccio!”
“Ehmmm” Riprende Luke Duraz Zing “Dicevo… Ho un sogno: che un giorno Ciclisti e Automobilisti possano vivere in pace e fratellanza sulle strade di questa città!”
Si leva un brusio di sorpresa, rotto da qualche fischio di disapprovazione sparso qua e là.
Un prete spalanca i battenti della chiesa e con il volto deformato dal terrore si fa il segno della croce una, due, tre volte. Poi ci pensa un attimo e se lo fa una quarta volta, tanto per sicurezza.
Una giovane mamma col passeggino tappa le orecchie al suo neonato.
Un vecchio sviene sul marciapiede mormorando: “Questi giovani non hanno più rispetto per niehhh…”
Un cane fugge via guaendo.
Un lampione esplode anche se spento.
Ascoltatelo!”  In controtendenza, però, una vocina cerca di prendere le difese del buon ciclista ma è così esile che non si sa da dove provenga e, comunque, nessuno la ode.
“Ho un sogno!”
“Un artro?!” Un tipo bruciacchiato dalle lampade di chissà quale centro benessere salta sul sedile della sua auto decapottabile. Decine di catene e collanine in simil oro brillano al sole sull’ampio squarcio di petto lasciato nudo dalla camicia sbottonata.
“Nooo, l’è quello di prima! Lasciatemi fin…”
“Ah, se l’è quello de prima allora l’ho già ascortato…” E così dicendo, alza alla follia il volume del mega stereo della sua Supersport DeLuxe
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e comincia a dimenare fianchi e braccia in qualcosa che potrebbe ricordare l’andatura di un pinguino  zoppo della Nuova Guinea e la richiesta d’aiuto di una medusa del Peloponneso che sta affogando.
“Scusi? Che potrebbe abbassare? EHI, SCUSI?!”
“Che dice a me?”
“Sì, potrebbe… oh, bell’impianto. Sony?”
“No, macchè! Nun so’ capace de sona’!” Risponde il tipo riportando
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il volume ad una orecchiabilità sostenibile. “L’è lo stereo mio che fa la musica! Bello, eh?”
“Sì. Allora, dicevo che ho questo sogno…”
“Scusssate tanto, per Kerbala Ovest?!” Chiede un militare sbucando all’improvviso dalla botola di un carro armato Leopard 2 A5 Mimetico.
“E indo sta Kerbala?” Domanda la donna grassa strizzando il fazzoletto pregno di sudore fuori dal finestrino. Il liquido si scioglie sfrigolando in una nuvola di vapore molto prima di toccare l’asfalto.
“Cara, ti prego, non intrometterti”
“Insomma, Ludovico, non puoi trattarmi così solo perché sono grassa!” Sbotta la donna prima di cominciare a singhiozzare.
“Via, signora, non faccia così” Luke Duraz Zing si trova in evidente imbarazzo perché non sa cosa dire. “Signora… ehmmm… suvvia… ehr… come si chiama?”
“As… sun… ta”
“Assunta. E… che lavoro fa?”
“Sono disoccupata”
“Ecco, appunto”
Lasciatelo parlare!” Urla la vocina da qualche parte ma anche stavolta nessuno la sente.
“Scusssate ancora, brava ggente” Dice il militare “Ma per Kerbala Ovest, da che parte?”
“Ohhh, per di là!” Dice Luke Duraz Zing indicando una direzione a caso.
“Vabbuò, grazie tante compa’” Risponde il militare, ma prima di  richiudersi la botola sopra la testa aggiunge, non senza orgoglio: “Sapete, no?, il bisnonno mio combatté contro Napoleone, il nonno mio combatté contro gli inglesi, il papà mio contro gli americani, lo zio mio contro i russi… Io mo’ vado in Iraq”
“Sì, bravo, in famiglia andate d’accordo proprio con tutti, eh?”
“Che dicesti?!” Chiede il militare da dentro il carro armato.
“Io? Nulla, nulla!” Si affretta a rispondere Luke Duraz Zing deglutendo a vuoto perché, forse per caso o forse non tanto, con un lento e teatrale kniiiik, il cannone si gira verso di lui. “Allora! Ho un sogno: che i miei figli…”
“Quanti figli hai?” Chiede la donna della 600 e con lo sguardo incenerisce preventivamente il marito che stava per intervenire. L’omino richiude la bocca e si fa piccolo piccolo.
“Ma ness… non importa quanti figli ho, signora!”
“Oh bè, era per sapere”
“Allora: che i miei figli, quando ne avrò, va bene?, possano non essere giudicati dal mezzo che guidano ma per le qualità del loro carattere…”
L’onda d’urto lo spettinò, gli stracciò di dosso la maglietta e rischiò seriamente di farlo cadere.
Tanto per rendervi l’idea, il gol decisivo di Grosso durante la finale mondiale del 2006 a Berlino scatenò qualcosa di solo lontanamente paragonabile: il fracasso, le incontenibili urla di gioia di un intero paese, le sirene, le trombe, milioni e milioni di coriandoli che piovono dal cielo, ricordate? Solo che adesso non ci troviamo a Berlino nel 2006, bensì in un posto a caso (ma non troppo) otto anni più tardi e la variazione di pressione sonora è moltiplicata per 100, no per 1000, no, voglio essere preciso, per 299X²ˣᵆ:44Ʊ-☻͚ͤ­+6… infatti, quelli che vedete non sono coriandoli ma frammenti di vetro delle finestre esplose del quartiere, i parabrezza di alcune auto, le vetrine dei negozi nel raggio di 30 km, e quelle che sentite non sono trombette da stadio o innocui petardi o cori di tifosi festanti ma clacson impazziti, colpi di cannone, selvagge urla belluine di feroci guerriglieri della giungla di catrame…
Intonaci che si sbriciolano, asfalto che trema, tombini che schizzano via per la pressione dell’acqua, pali della luce che si divelgono, alberi che perdono le foglie… l’Apocalisse.
Ma Luke Duraz Zing non fa una piega. Aspetta con pazienza (e intanto si risistema i capelli e si copre come può con i brandelli residui della maglietta, giusto per darsi un contegno). Ha una piccola, impercettibile reazione solo quando il prete corre verso di lui urlando “esci da questo corpo! Esci da questo corpo!” e gli rovescia addosso un catino intero di acqua santa. Allora, allarga le braccia e si lascia andare ad uno sconsolato: “Ehvabbè, ditelo…”
“Oh che posso ascolta’ ‘sto ciclista qua!” Esclama il centauro facendo rombare il motore. “Io ch’ho da anda’ a i’ mare a cavalca’ l’Honda!”
“E noi siamo di ritorno dal Marocco e vorremmo andare a casa!” Esclama Ludovico.
“Già, i’ Marocco, dove di nascosto hai cercato di barattarmi con un cammello con quel mercante assiro- babilonese!”
“E tu come…? Ma non l’ho fatto, no?”
“Solo perché non abbiamo un giardino e non sapresti dove metterlo, un cammello!”
“Ma… ecco… io…”
“A casa facciamo i conti!” E così dicendo pesta a fondo l’acceleratore, facendo schizzare il motore della 600 a 580.000 giri, così, tanto per dare sfogo al nervoso.
Il tamarro sulla Supersport deLuxe ruota la manopola
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del mega stereo e grida: “Ahooo, che ce moviamooo?!”
Una mosca si alza in volo e ronza sopra le teste di tutti. Solo che non è una mosca. Si capisce, o meglio, si potrebbe capire (perché ancora una volta nessuno la sente), quando esclama: “Siete pazzi, terrestri!” Si tratta, in realtà, di una modernissima astronave con a bordo un emissario della Associazione Sviluppo e Cultura di Altair in missione sulla Terra per valutare se i suoi abitanti sono finalmente degni di entrare nell’Unione Galattica dei Pianeti Evoluti. Purtroppo
SPATACIACK!
commette l’errore di passare troppo vicino al motociclista e su Altair, presto, qualcuno sentirà la sua mancanza.
Luke Duraz Zing, ignaro del dramma galattico e delle conseguenze diplomatiche che ne deriveranno, alza la voce per farsi sentire: “CHE UN GIORNO, PERSINO L’ITALIA, UNO STATO COLMO DI ARROGANZA AUTOVEICOLARE, SI POSSA TRASFORMARE IN UN’OASI PER CICLISTI, CON TANTE BELLE PISTE CICLA…”
Nel momento in cui il semaforo scatta sul verde il delirio non ha confini. Assunta, che non aspettava altro, lascia la frizione e toglie il freno a mano: la 600 sgomma per 6 secondi e, dopo aver spiattellato sull’asfalto gli pneumatici, schizza via sui nudi cerchi in una scia di scintille, seguita
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dalla Supersport deLuxe, tampinata a sua volta dal Leopard 2 A5 Mimetico, dalla Honda del centauro che si gratta la testa e quindi da una serie infinita di SUV, furgoni, tir con rimorchio,  un jet dell’aeronautica militare atterrato lì chissà per quale ragione, e persino una nave da Crociera Costa che ha sbagliato l’inchino e si è ritrovata fuori rotta.
Luke Duraz Zing viene avvolto da una nuvola di smog così impenetrabile che lo perdo di vista. Temo per un attimo che sia stato travolto dal flusso urbano e che qualcuno un giorno lo ritrovi in mare aperto. E invece riappare. Incolume, addirittura. Quasi perde l’equilibrio, lo recupera, rimane in bilico chissà come sul sellino della sua bicicletta, sembra un surfista alle prese con un’onda anomala, tossisce, si porta le mani alla gola, fa una strana linguaccia, forse è sul punto di soffocare ma comunque sopravvive.
“Aspettate!” Cerca di fermare il traffico alzando le braccia ma tutto ciò che esce dalla sua bocca è un inutile e incomprensibile suono aggrovigliato, un verso a metà tra un’iguana in calore e un aye aye appena nato.
“Vai ‘ia, vaiii!” Gli grida con disprezzo l’autista di un autobus e in quel momento Luke Duraz Zing capisce. Sono sicuro che capisce. In pratica capisco io per tutti e due. E’ un’intuizione furtiva che lo colma di esasperata rassegnazione, una certezza assoluta dura e fredda come la lama di un coltello, una accecante percezione improvvisa, come la luce di un faro negli occhi. Luke Duraz Zing,  in un attimo di estrema lucidità, comprende ciò che gli altariani sanno da migliaia di anni: i terrestri non sono ancora pronti per le sue parole, e gli italiani in particolare non sono ancora all’altezza per compiere quel piccolo passo in avanti verso una convivenza pacifica e serena tra motorizzati e ciclisti.
Sconsolato, fradicio di acqua santa, pregno di smog e con la maglietta a brandelli, quando la nuvola si dirada, discende dalla bicicletta, la inforca normalmente e pedala tra due colonne di traffico che nel frattempo si sono formate in prossimità del semaforo, di nuovo rosso. Chissà, forse gli passa anche per la testa l’idea di ricominciare il discorso da capo ma, anche se così fosse, rinuncia.
Una lacrima riga la sua guancia destra e luccica al sole come uno dei frammenti di vetro che ora tappezzano la strada.
Mi passa accanto.
Si allontana.

Esito.
Poi, tra la sorpresa generale, abbandono la mia automobile lì dove si trova, non curandomi di clacson ed epiteti vari. Domani mi compro una bicicletta. Luke Duraz Zing oggi hai perso una battaglia ma hai trovato un alleato: adesso siamo in due. Domani, forse, in quattro. Un giorno saremo otto…
Abbiamo un sogno…

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